Sale di Torino – Parliamo dei cinema Romano, Nazionale ed Eliseo

Nome storico del cinema torinese quello di Lorenzo Ventavoli, da una sessantina d’anni tra gli esercenti più noti e importanti della città, erede familiare di una tradizione che continua oggi con le sale d’essai Romano, Nazionale ed Eliseo.

Le sue sale sono tra le più importanti e storiche della città.
Sì, sono le più vecchie sale di Torino. Il Romano nasce a fine ‘800 come sala e subito dopo diventa cinema, il Nazionale era già un teatro a metà ‘800 e divenne cinema verso il 1915, mentre dell’Eliseo da poco abbiamo celebrato gli 80 anni, e siamo ormai più vicini ai 90.
Per alcuni sono sale obsolete, ma per me è il contrario, ad essere obsoleti sono questi impianti di 12 sale in mezzo ai prati, che per me non sono neanche veri cinema… Noi siamo nati per portare il cinema sotto casa alla gente, come i cinema de proximité francesi.


Come vede il cinema oggi?
Abbiamo dovuto negli anni fare continue modifiche, ristrutturazioni, aumentare le sale, fino ad oggi con l’avvento del digitale: in questo cammino di 100 anni abbiamo visto tutto, la crescita fino agli 850 milioni di spettatori negli anni ’50, poi la lenta crisi fino al tracollo dovuto alla nascita delle tv commerciali. Ora registriamo una leggera crescita, siamo di nuovo a circa 3.900 schermi (nel ’58 erano 12.000 poi scesi a 1.500) ma ci sono diversi problemi. Speriamo restino più o meno così come numero, rimanessero solo i grandi complessi dislocati qua e là la proposta si ridurrebbe ai giovani e a un altro tipo di consumo…
Senza contare il problema della rete, che sta di nuovo sconvolgendo tutto, non solo per quanto riguarda la pirateria ma per una proposta davvero enorme anche di film vecchi e a volte altrove introvabili! Per il momento ci hanno perso i negozi di home video, che hanno chiuso in massa, ma ora i prossimi nel mirino sono proprio i cinema.

Qual è oggi la situazione dei suoi cinema?
Il Romano, che io chiamo il “San Romano”, va sempre bene. Sono cent’anni che è lì, ha un pubblico soprattutto anziano che si fida, chiede in cassa cosa vedere e si fida delle nostre scelte. Idem per il Nazionale.
L’Eliseo all’inizio era il primo multisala, ed è stato un boom: poi ne sono nati tanti ed è un po’ sceso, ma resta amato. L’Adua purtroppo lo abbiamo dovuto chiudere, il quartiere intorno si è modificato talmente che da porta Palazzo verso Milano – in cui una volta c’era la più alta percentuale di cinema di periferia – oggi non c’è più una sola sala attiva.

Come vede il pubblico oggi?
Per il cinema d’autore è un pubblico anziano, ma anziano anziano. i quarantenni sono spariti dalle sale, hanno famiglia lavoro e mille altre cose che li tengono lontani, spesso a malincuore. i giovani vanno sempre più spesso in rete perché non hanno molti soldi e perché sono sempre più abituati alla tecnologia.
I dirigenti dei due grandi circuiti distributivi puntano a rendere obsolete le vecchie sale, ma io non sono d’accordo e basta venire nelle nostre sale per capire che ho ragione. Col digitale 4k oggi abbiamo proiezioni bellissime, e con i collegamenti coi grandi teatri del mondo il pubblico risponde splendidamente. E poi ci permette una varietà di proposta inimmaginabile solo qualche anno fa!
Le prospettive da questo punto di vista, se uno si dà da fare, ci sono, c’è ancora una vivacità intorno che dà fiducia per il futuro.
Gli spettatori ormai da una quindicina d’anni sono fermi più o meno sui 100 milioni di spettatori, e da lì non ci si muove: è una cifra tra le più basse d’Europa, e qui sta il problema principale.

Qual è il rapporto con gli altri esercenti?
Io col mio tipo di lavoro ho meno scontri, meno rapporti. Quando mi danno un film voglio sapere chi ce l’ha oltre a me, se ce l’ha l’Ambrosio oltre al Romano non ha senso, sono troppo vicini e piuttosto rinuncio.
A parte questo, il cinema d’autore la gente lo cerca nei miei cinema, e i risultati ci premiano sempre.
Per gli altri titoli, più popolari, il discorso è diverso e bisogna trovare un equilibrio: film come quello di Zalone io non mi azzardo a proporli, perderei il confronto, ma scelgo altri titoli e la gente viene qui.

Come vi muovete per la comunicazione? E come vede il prossimo futuro?
Sulla comunicazione nascono altri problemi, i tabellini dei giornali vanno bene per un certo pubblico, ma ad esempio l’uso dei flani non ha più molto senso.
Per il Romano preparo io personalmente dei volantini, li consegnamo direttamente a mano agli spettatori per far sapere tutta la nostra offerta, è una comunicazione diretta che punta a chi viene in sala, e funziona.
Per il futuro io cerco di aggiornami più che posso, per il resto non so cosa ci aspetterà!