#CA2016 – Il Concorso Internazionale One Hour

“Demi-vie a Fukushima”

Il Concorso Internazionale One Hour raccoglie le produzioni che si aggirano   intorno ai 60 minuti di durata, format privilegiato da chi decide di realizzare un   film di inchiesta.

Chasse: main basse sur la savane (Francia 2015, 52’) è   un’inchiesta di Olivia Mokiejewski che si reca in Kenya per capire come   funzionano i safari a scopo di caccia. Una vera e propria branca del turismo dove   i prezzi del tour sono calcolati in base alla stazza dell’animale che si intende   uccidere. Per chi vive in Occidente sembra che ormai alcuni generi di lavori siano   scomparsi per essere sostituiti dalle macchine: Coal India (Germania 2015, 47′)   di Felix Röben e Ajay Koli mostra una realtà ben diversa, fatta di persone che   lavorano solo con la forza delle proprie braccia, senza alcun supporto meccanico.

Si torna a Fukushima con Demi-vie à Fukushima (Svizzera, Francia 2016, 61′)   di Mark Olexa e Francesca Scalisi, un documentario che racconta la storia   dell’unico uomo che ha deciso di non abbandonare la zona dell’incidente   nucleare dopo lo tsunami. Gringo Trails (USA 2014, 52’) di Pegi Vail analizza gli   aspetti devastanti del turismo di massa, mentre La Jeunne Fille et le Typhons (Francia 2015, 52’) di Christoph Schwaiger vede di nuovo il coinvolgimento di   una protagonista del cinema francese, Marion Cotillard, in veste di intervistatrice   di una giovane filippina che sta cercando di trovare un sistema per salvaguardare   la vita dei suoi concittadini, colpiti dai cambiamenti climatici che minacciano la   stabilità dell’arcipelago.

My Hottest Year On Earth (Danimarca 2015, 58′) di   Halfdan Muurholm è un viaggio intorno al mondo alla scoperta dei danni   materiali causati dalle temperature che ormai hanno superato ogni record. A tutti   piace potersi cambiare spesso di abito e ormai siamo abituati a permetterci di   comprarne spesso di nuovi, buttando quelli vecchi: Out of Fashion (Estonia   2015, 60’) di Jaak Kilmi e Lennart Laberenz è un’inchiesta sull’industria   dell’abbigliamento a basso costo e sul suo altissimo impatto ambientale. La   povertà può essere un business, anzi lo è già diventata. Poverty, Inc. (USA   2014, 55’) di Michael Matheson Miller si concentra sull’“industria” legata alle   cause umanitarie, ONG che muovono miliardi di dollari con risultati spesso   discutibili se non catastrofici.