Bruce McDonald è stato una delle scoperte del Torino Film Festival in questi anni di direzione di Emanuela Martini, autore di quel piccolo e folgorante horror zombie-radiofonico intitolato “Pontypool“.
Era il 2009, e il regista canadese sembrava poter diventare un talento di cui fregiarsi: opera dopo opera, ha spesso trovato spazio nel programma torinese, anche quando la sua vena creativa era decisamente poco ispirato.
Mai così poca, quella ispirazione, come in questo ultimo “Dreamland“, storia di un killer – interpretato dallo stesso Stephen McHattie straordinario protagonista di “Pontypool” – assoldato da un boss sadico, le cui fattezze sono quelle del rocker Henry Rollins, per punire un trombettista jazz che lo aveva offeso.
Il jazzista, però, è interpretato dallo stesso McHattie e quando i due si trovano di fronte inizia una deviazione narrativa che sulla carta potrebbe anche sembrare stuzzicante, ma si rivela approssimata e mal realizzata. Tra vampiri e concerti, un night club chiamato Al Qaeda e allucinazioni sparse, McDonald sembra aver aggiunto al suo script idee e suggestioni senza curarsi di giustificarle in alcun modo. Juliette Lewis si aggiunge al gruppo, ma la sua presenza non aiuta.
Un pastiche sopra le righe e sregolato, che vorrebbe trovare proprio nella sua anarchia la sua forza ma risulta un’indifendibile operazione.
LA SCHEDA
Diretto da Bruce McDonald
Nazionalità: USA
Anno: 2019
Durata: 94′
Genere: Drammatico
Cast: Stephen McHattie, Henry Rollins, Juliette Lewis
Sinossi. Dopo essere stato offeso da un leggendario trombettista jazz, Hercules – sadico boss di una gang – assume un killer, Johnny Deadeyes, per attuare il suo piano di vendetta. Le istruzioni sono semplici: tagliare il mignolo del trombettista prima che suoni a un ricevimento di nozze. L’ambientazione in cui Johnny si trova ad agire è fantastica e surreale e si dipana tra luoghi e personaggi oscuri: un night club chiamato Al Qaeda, un vampiro del vecchio mondo, una sposa bambina tossicomane e una femme fatale.