Nuova puntata di Registe (a Torino): ospite Cristina Monti.
La tua storia con il mondo del cinema inizia molto prima del tuo esordio alla regia.
Ho studiato cinema, mi sono laureata nel 1994 ma già nel 1992 avevo iniziato a collaborare col Museo Nazionale del Cinema.
Da subito ho sentito la passione per la scrittura di cortometraggi. Nel 1995 ho scritto la prima sceneggiatura: a Saint Vincent c’era un festival, “Cinema in diretta”, in cui i finalisti dovevano girare in una giornata il loro corto. Era una piccola manifestazione, ma in giuria quell’anno c’era Giuseppe Bertolucci e vinse Ivan Cotroneo!
Sempre in quel periodo una mia sceneggiatura partecipò a Giovani Ciak, arrivando in finale avevi l’occasione di montare e lavorare con veri professionisti. Qui è nata la mia passione per il montaggio.
In quegli anni lavorai molto, anche con musicisti e in progetti internazionali, sempre giostrandomi tra sceneggiatura, montaggio e regia, imparando a lavorare anche con il Super8. Nel ’98 ho poi conosciuto la cooperativa torinese Zenit, ho collaborato molto con loro e sono poi diventata anche loro socia.
Il tuo primo documentario da regista è del 2009, “Non Aver Paura! Donne che non si sono arrese” (visibile qui).
Era un lavoro su commissione, interamente al femminile, voluto dallo SPI-CIGL che “impose” una donna anche alla regia. Racconta il ruolo assunto dalle donne nella società italiana, dalla Resistenza alle battaglie per l’affermazione della parità.
Il documentario è uscito nei giorni della mia seconda gravidanza, avevo già una figlia e avevo anche avuto l’esperienza di un aborto: se prima di quelle esperienze non mi sarei mai definita femminista, lavorando al documentario sono cambiata. “Non aver paura!” è arrivato nel momento in cui facevo ampie riflessioni su quei temi, è stato fondamentale per me, mi ha aperto gli occhi su un mondo che avevo solo sfiorato.
Fare la documentarista era un mio pallino da molto tempo, sono felice di aver potuto imparare il mestiere negli anni in Zenit ed essere stata pronta poi quando mi è capitato di poter fare un progetto mio.
Nel 2014 è uscito il tuo secondo documentario, “Là Suta – La Nostra Eredità Nucleare in un Triangolo d’Acqua“, un tuo progetto che hai poi diretto con Paolo Rapalino e Daniele Gaglianone (visibile qui).
Racconta il polo nucleare di Saluggia, la sua storia e le ripercussioni sull’ambiente che ha avuto e continua ad avere. È stato un lungo progetto, io sono nata a Chivasso e andavo in quelle zone fin da bambina: uno dei miei primi ricordi sono i suoi racconti di quelle fabbriche inquinanti, crescendo mi sono poi sempre informata sul tema e mi è venuto spontaneo raccontarli.
Si tratta però di un tema non semplice per cui trovare finanziamenti, devo dire grazie al Piemonte Doc Film Fund della Film Commission Torino Piemonte con cui siamo riusciti a partire. Tra l’altro, Paolo Manera ci diede l’idea di riprendere quei luoghi con i droni, e grazie alla collaborazione con la RolFilm ci riuscimmo (con tutte le precauzioni del caso): quelle immagini sono sicuramente una delle parti di maggiore impatto di tutto il documentario.
Fare un film è un lavoro prima di tutto collettivo. Con Paolo a farci incontrare è stata la passione comune per il super8, insieme abbiamo realizzato diversi lavori in quel formato ispirandoci ed aiutandoci a vicenda. Anche il lavoro con Daniele e Paolo per “Là suta” è stato prima di tutto un incontro tra persone. C’è stata grande affinità nel modo in cui abbiamo trattato il tema e anche in fase di montaggio c’è stata sempre sintonia nella scelta e nell’utilizzo che abbiamo fatto degli archivi.
Da allora a oggi di cosa ti sei occupata?
Insieme a Paolo Rapalino abbiamo progettato “Gli Equilibristi”, un documentario sulle morti prenatali, tema che ci vede molto coinvolti anche in prima persona. Abbiamo realizzato solo lo sviluppo, però, girando con i nostri figli un prologo che voleva essere parte di un documentario più lungo. Ma è un altro tema complesso per cui attirare finanziamenti, e senza i fondi giusti è impossibile da completare.
Da sei anni, poi, penso a un progetto sulla mobilità ciclabile: dopo varie ipotesi, stiamo continuando ora in modo completamente indipendente e autonomo. Ci vorrà tempo, lo so già, ma abbiamo già fatto molte riprese e anche in questo lockdown un po’ il lavoro è progredito. Speriamo di poterlo concludere senza dover aspettare troppo!