“Finalmente possiamo mostrare al pubblico Brazzo Football Klub”

Articolo di Carlo Griseri

I registi Enzo Gaglianò e Rocco Femia presenteranno per la prima volta al pubblico lunedì 14 giugno dalle 21 a Estate in Circolo, presso il Giardino di Via Carlo Ignazio Giulio 14/A (quello dell’Anagrafe Centrale) (biglietti a 5 €, 4 per i soci Arci) il loro documentario “Brazzo Football Klub“, che racconta come la Bosnia-Erzegovina ha vissuto l’avventura della propria nazionale ai mondiali di calcio in Brasile nel 2014.

Enzo, come stai a poche ore dalla presentazione?

Sono in tensione quasi come prima della partenza, anche se ho visto e rivisto milioni di volte il nostro film!

Come è nata l’idea di questo documentario?

L’idea è venuta a Rocco guardando Studio Sport e vedendo le immagini di felicità dei giocatori della Bosnia alla loro prima qualificazione ai Mondiali di calcio. Era un’emozione diversa da quella che siamo abituati a vedere, da noi è una notizia la non-qualificazione. Ci piaceva molto poter parlare della Bosnia non per la guerra ma per altro, anche se è stato difficile trovare un equilibrio tra il passato e il racconto più contemporaneo. La domanda di partenza per noi era: il calcio unisce o divide? Questo era lo spirito, la Bosnia è etnicamente ancora molto frammentata. Per noi il calcio non è solo sport, ma anche portatore di valori, noi pensiamo come Arrigo Sacchi che sia la cosa più importante tra quelle meno importanti.

Qual era il piano di lavoro?

Abbiamo studiato il territorio, individuando le tre città principali: Sarajevo, la capitale più cosmopolita; Mostar, la più ferita dalla guerra e ancora divisa in due anime; e Banja Luka, città in cui la comunità principale è serba. Siamo partiti con l’idea di vedere ognuna delle tre partite del girone eliminatorio in una di queste città, approfittandone per parlare con le persone del posto, allargare il racconto e conoscere meglio la zona.

Dal 2014 a oggi, il film che storia ha avuto?

Sono passati 7 anni da quelle riprese, è una produzione totalmente indipendente e siamo rimasti sempre impegnati su altre cose. Ma l’idea di finirlo c’è sempre stata, abbiamo capito che le immagini anche dopo tutto questo tempo avevano valore, anzi dal punto di vista storico anche di più, se opportunamente utilizzate. Il montaggio è stato difficile, siamo passati da una versione da 165 minuti agli attuali 85. Abbiamo cercato un compromesso tra il nostro gusto poetico e le necessità del pubblico, aggiungendo molte didascalie che spieghino meglio gli eventi.

E il titolo come lo spieghiamo?

Brazzo è il modo in cui il giocatore bosniaco Salihamidzic si fece chiamare dai giornalisti italiani al suo arrivo alla Juventus, visto quanto difficile è il suo vero nome. Salihamidzic non faceva parte di quella nazionale perché aveva già smesso di giocare, ma quel nomignolo in bosniaco significa “fratello”, ci è parsa la parola perfetta anche per noi.