Le sezioni principali dell’estate cinematografica del cortile dell’Anagrafe centrale sono proprio L’Italia che non si vede e Torino che non si vede, un omaggio ai registi indipendenti che spesso hanno la possibilità di frequentare i festival e di farsi conoscere nelle sale d’essai ma che spesso nella colorata programmazione estiva non trovano collocazione.
La direzione artistica di EiC ha deciso di presentare progetti difficilmente fruibili al nostro pubblico: in questo anno e mezzo di fermo infatti le grandi produzioni cinematografiche hanno trovato nelle piattaforme di streaming una concreta alternativa distributiva, alternativa della quale le piccole produzioni non hanno potuto beneficiare e che paradossalmente ha ridotto ulteriormente gli spazi perché occupati da progetti più facilmente spendibili.
Tre film legati a Torino, o per origini della produzione o per ambientazione o per residenza dei/lle loro autori/autrici.
YOU DIE di A. Antonaci, D. Lascar, S. Mandalà | martedì 22 giugno
Asia, una studentessa come tante altre, trova sul suo telefono un’app mai vista prima e di cui nessuno sa nulla. Sembra un gioco in realta` aumentata, ma ben presto Asia comprende che non e` un gioco come gli altri: attraverso la fotocamera, l’app e` in grado di aprire un varco sul mondo dei morti e di metterlo in comunicazione con la realta` terrena, spalancando un abisso di terrore dal quale sembra impossibile uscire. Abbandonata dalle persone a lei piu` care, dubbiose sulle sue convinzioni, Asia si trovera` ad affrontare un terrificante conto alla rovescia di 24 ore che la portera`, dopo un’inquietante rivelazione, a lottare per la sopravvivenza.
UN UOMO DEVE ESSERE FORTE di Ilaria Ciavattini e Elsi Perino | mercoledì 23 giugno
“Chi è Jack? Sono io, la mia persona, tutto quello che ho affrontato, tutto il mio percorso fin qui”. Il lavoro della regista Elsi Perino racconta Jessica, che diventa Jack.
Ovvero la storia di Jack, che si dà al mondo e al ricordo di sé. Il film è stato costruito seguendo il tempo della trasformazione del corpo femminile e la venuta al mondo di un uomo: della sua forma fisica, del suo sentire, del suo agire, del suo patire.
ONE MORE JUMP di Emanuele Gerosa | giovedì 24 giugno
Quando Abdallah – fondatore e leader storico del Gaza Parkour Team – viene invitato in Italia per partecipare a un workshop, decide di lasciare la striscia di Gaza per diventare un atleta professionista in Europa. Oggi, continuamente alla ricerca di un lavoro, Abdallah guadagna il minimo per sopravvivere; non ha smesso di allenarsi, ma la sua nuova vita si è rivelata più faticosa del previsto, e spesso non ha voglia di parlare con i suoi vecchi compagni di squadra. Jehad vive ancora segregato nella Striscia. Ogni giorno si allena duramente con i membri più giovani del team. Sa che lo sport è l’unica cosa che può tener vive le loro speranze. Anche lui sogna di poter lasciare un giorno quella terra martoriata. Un giorno Abdallah decide di iscriversi alla competizione di parkour in Svezia che tutti loro sognavano, quando erano a Gaza, e di fare i conti una volta per tutte con la realtà. Negli stessi giorni, Jehad riceve finalmente il visto che aspettava da anni, e deve decidere se abbandonare la sua famiglia e il padre malato…Che cosa sa della libertà, chi è nato in prigione? E come si diventa uomini liberi, se il prezzo della libertà è perdere tutto ciò che si amava? “Il parkour è la disciplina e l’arte di superare ogni tipo di ostacolo attraverso la corsa, i salti o l’uso di movimenti acrobatici; è evidente il collegamento simbolico molto con la realtà che le persone affrontano ogni giorno nella Striscia di Gaza, rinchiusi come sono dentro alti muri, in una stretta striscia di terra presa tra il mare e lo stato di Israele, e dove i posti di controllo sui pochi valichi disponibili sono chiusi per la maggior parte del tempo. A Gaza infatti le barriere sono ovunque e superare ostacoli è parte della vita quotidiana per i giovani ragazzi della Striscia, imprigionati in una terra devastata da una guerra senza fine e dall’occupazione israeliana. Per loro sfidare il pericolo rappresenta il modo di riappropriarsi della terra in cui sono stati relegati, recuperare la libertà che da sempre è stata loro negata e mantenere viva la speranza in un futuro migliore”. (Emanuele Gerosa)