Sabato 18 dicembre alle 21 al cinema Massimo una serata speciale che nasce dall’ultimo libro di Massimo Zamboni La trionferà (ed. Einaudi), cronaca di un secolo di storia vissuta a Cavriago, la cittadina più comunista d’Italia. Tra i tanti episodi rievocati da Zamboni, anche la costruzione del cinema da parte dei militanti del partito, una vicenda che era stata già al centro di un mediometraggio di Daniele Segre, Pareven furmighi, che il Museo riporta su grande schermo dopo tanti anni, seguito da un incontro con il regista e l’autore del volume (biglietti 3 €). Li abbiamo intervistati.
Daniele Segre, come ha scoperto questa storia?
D.S. – Grazie alla mia più stretta collaboratrice, Pucci Piazza, che è di Piacenza e me ne aveva parlato, la costruzione del cinema era stato un vero e proprio evento per il paese, mi ha messo in contatto con l’assessora alla cultura e ci siamo avventurati sul posto. E’ stato appassionante, anche grazie alla collaborazione in loco, abbiamo costruito un bellissimo rapporto con le persone di lì, poi alla Mostra di Venezia del 1997 c’è stata la presentazione ufficiale, è arrivato un torpedone con tutti i protagonisti, è stata una vera festa.
Il film, della durata di 35 minuti, è parlato in dialetto.
D.S. – Era fondamentale per il film, l’elemento identitario è nell’uso del dialetto, senza la storia avrebbe perso di valore e significato. Queste persone, tutte anziane, volevano però darsi un tono, erano intimoriti e cercavano di parlare in italiano, io non ero d’accordo. Per farcela alla fine ho trovato uno stratagemma: tenevo una mano sul ginocchio della persona che parlava e glielo stringevo appena iniziavano a parlare in italiano! Ha funzionato. Poi li ho fatti anche ballare e cantare per evitare la piattezza del racconto, una scelta che dà il senso di quei tempi e del grado di partecipazione delle persone.
Ha mai conosciuto Massimo Zamboni?
D.S. – Non l’ho mai incontrato in vita mia, ma ho letto con interesse il suo libro e mi è servito per capire molte cose che ho vissuto con i protagonisti. Gli sono grato, ha integrato alcune informazioni su Cavriago che avevo intuito ma mai approfondito, sarò felice di conoscerlo sabato.
Massimo Zamboni, quando ha scoperto questa storia?
M.Z. – Ci ho messo 4 anni a scrivere il libro, lavoravo da anni intorno alle storie legate a Reggio Emilia e mi sono imbattuto nel film. E’ stato naturale, parlando di Cavriago, incrociare poi il film: costruirsi il proprio cinema con le proprie mani, mattone dopo mattone, portati uno alla volta da una fornace, in bicicletta, tutto il paese insieme… Una storia incredibile quella della nascita del cinema Novecento, un nome migliore non poteva averlo!
Quindi ha già visto il film?
M.Z. – Sì, è arrivato subito dopo la lettura dei giornali dell’epoca e le chiacchiere con le persone. A un certo punto è nata l’esigenza di sentirle e vederle all’opera e ho cercato il film. Quel cinema non è una multisala, fanno una programmazione normale con punte di eccellenza, con concerti e spettacoli, è ancora oggi un luogo di centralità del paese.
Ha mai visto un film seduto sulle poltroncine del cinema Novecento?
M.Z. – No, purtroppo! Ma vorrei fare uno spettacolo in quel cinema, dovrebbe avvenire nel 2022, non vedo l’ora.