Malcolm McDowell al TFF40: “Forse torno a Torino per un film di vampiri”

Malcolm McDowell, ospite d’onore del Torino Film Festival numero 40, riceverà nel pomeriggio del 30 novembre alle 17 alla Mole Antonelliana dai vertici del Museo nazionale del cinema e del Tff il Premio Stella della Mole alla carriera.

«Sono innamorato di questa città, felicissimo di essere ospite in questi giorni», ha confidato l’attore. «Mi hanno proposto di girare un film di vampiro ispirato da Lord Byron da girare in Piemonte e a Londra: spero vada in porto il progetto, sarebbe una splendida occasione per ritornare. Se no lo farò come turista».

Da Kubrick a oggi, l’attore britannico ha raccontato ricordi aneddoti e curiosità di una lunga e onorata carriera. «Sto per realizzare un altro dei miei sogni – aggiunge – girare finalmente un western, si chiama “Last train to Fortune” e lo dirige Adam Rifkin. Sono particolarmente felice di girarlo, dovevo farlo una trentina d’anni col mio grande amico Bill Paxton, che purtroppo ci ha lasciati: ora lo girerò con suo figlio Jack. E’ la storia di un insegnante inglese che perde il lavoro e decide di andare nel West, ma quando arriva alla stazione scopre che la città in cui deve andare non esiste. Incontrerà un cowboy che lo aiuterà nella sua missione, ed entrambi si insegneranno molte cose».

Oltre a parlare di cinema («La fortuna immensa di recitare con autori come Stanley Kubrick o Lindsay Anderson è già tanto se capita una volta nella vita: io ho iniziato con loro e per un po’ ho pensato che fosse sempre così!»), McDowell si è anche dilungato a spiegare il suo disgusto per Donald Trump. «L’ho sempre odiato, lo conosco fin dagli anni ’80 e ho sempre pensato fosse un idiota: quando capitavamo alle stesse cene, pregavo i padroni di casa di non sedermi vicino a lui».

Richiesto da tutti ma sempre disponibilissimo e sorridente, l’attore di “Arancia Meccanica” analizza sinceramente la sua carriera. «Sono un’icona? Forse, ma credo che la carriera di ognuno sia fatta di alti e bassi. Io ad esempio ho avuto molti bassi, specie negli anni ’80. Dopo essermi trasferito per un film negli Stati Uniti mi sono innamorato della mia co-protagonista e abbiamo avuto due figli (Mary Steenburgen, mentre girava nel 1978 il film “L’uomo venuto dall’impossibile”, NdI). Quando ci siamo lasciati sarei anche tornato a casa, ma ormai ero padre e non volevo allontanarmi: non è stato semplice. Anche i premi, non li condivido: puoi fare un’interpretazione stupenda ma se il film non funziona viene male lo stesso, e magari nessuno si accorge di te. Sono ridicoli, anche se capisco che fanno parte del gioco, servono per mandare la gente in sala».