Sa di essere atteso al varco dai critici, il neo-direttore del Torino Film Festival Giulio Base, e affida quindi il suo primo intervento pubblico di presentazione della 42esima edizione, in programma dal 22 al 30 novembre prossimi, a un discorso scritto, fogli che legge attentamente per poi proseguire a briglia sciolta al momento delle domande. Un discorso in cui sottolinea: «Non sconvolgerò il festival, state tranquilli».
«Ho pensato ad alcune migliorie ma non ci saranno rivoluzioni, amo questo festival dalla sua prima edizione e voglio mantenerne il Dna cinefilo e autoriale. Il 42° TFF l’ho costruita pezzo per pezzo, annodando idee, pensieri, contatti e desideri per dar vita a quella trama che è sicuramente uno dei sogni della mia vita. L’inaugurazione sarà venerdì 22 novembre al teatro Regio con un film – si spera, ci proveremo – in anteprima mondiale, e con più star possibili presenti. Avrei voluto non un tappeto rosso ma uno blu bordato oro, i colori di Torino». Un film inaugurale non è di certo una novità (tutti i festival lo hanno, anche i più piccoli), ma gli ultimi due TFF lo avevano sorprendentemente abolito preferendogli puntate speciali della trasmissione radio Hollywood Party.
Siamo a Roma (la tradizione recente di non fare a Torino questi eventi continua), nella splendida sede di Villa Miani (per i cinefili più nerd: sì, è quella in cui Fantozzi mangia i pomodorini di guarnizione “fuori, freddi, dentro, palla di fuoco a 18000 gradi!!!”), e dietro di lui campeggia lo sguardo complice di Marlon Brando, protagonista di una retrospettiva di 24 titoli e del manifesto del Tff: Base spiega il suo progetto accanto ai vertici del Museo del cinema (che lo ribattezzano “Il nostro Capitano“) e alla sottosegretaria al Ministero della Cultura Lucia Borgonzoni («Giulio farà bene», assicura lei).
«Avremo in tutto 120 film», dichiara Base. «Tutti gli altri lo hanno detto, vediamo se lo farà davvero!», aggiunge subito il direttore del Museo Domenico De Gaetano. Nel progetto, saranno divisi in 6 sezioni. Quattro quelle competitive: il concorso principale (16 film in anteprima mondiale o internazionale, ma non più solo opere prime o seconde come da tradizione), il concorso documentari (16 titoli in anteprima italiana, senza distinzione tra italiani e internazionali), il concorso cortometraggi (24 titoli in anteprima europea, senza distinzione fra produzioni italiane o straniere) e il “leopardiano” Zibaldone (24 titoli in uno spazio totalmente libero ed eterogeneo, con titoli di ogni genere, senza nessun vincolo di durata, di formato, di data o di anteprima e prevederà un premio del pubblico). Due le sezioni non competitive: il fuori concorso (16 titoli) e la retrospettiva dedicata a Marlon Brando (24 titoli). E basta: «Niente sottosezioni, niente fuori programma, niente notti speciali».
«Voglio un festival di semplice fruizione, agile, senza troppe sottosezioni o eventi speciali: la sala sarà al centro di tutto, ogni evento – anche eventuali masterclass – sarà in programma in sala. Di sicuro saremo al cinema Massimo e al Romano, e forse per il pubblico saranno sufficienti: la cosa importante è che sia tutto vicino, facile da raggiungere a piedi». Di sicuro gli ultimi anni hanno visto troppa confusione nella presentazione dei film, troppe sezioni e sottosezioni non abbastanza spiegate.
Della retrospettiva Base ha parlato molto. «Sono ossessionato da lui da sempre. Ho avuto un’incredibile fortuna a essere nominato al festival proprio nell’anno del suo centenario. Conosco molto bene Brando, credo di aver letto quasi tutto quello che su di lui è stato pubblicato nel mondo, avrò piacere di essere lì e introdurre i 24 film uno per uno. E’ stato l’attore più grande di tutti i tempi, ha cambiato per sempre la recitazione, era un ambientalista ante litteram, sempre a favore di tutte le battaglie civili, ribelle da tutti i punti di vista». Tra i film in programma anche “Désirèe“, in cui interpreta Napoleone, e tra gli ospiti previsti è stato invitato il direttore della fotografia, premio Oscar per “Apocalypse now”, Vittorio Storaro.
Il quarto direttore del Tff negli ultimi quattro anni e mezzo (da Emanuela Martini a Stefano Francia di Celle, presente a Villa Miani, da Steve Della Casa a Base) avrà a disposizione un budget uguale a quello dello scorso anno, circa 1,8 milioni di euro. «Il mio festival, che si ispira un po’ al Festival Lumière di Lione, avrà uno spirito libero, originale, fresco, indipendente, graffiante e giovane: per questo il mio vanto maggiore è la squadra di sei selezionatori che ho scelto personalmente»: il più “vecchio” è del 1991, il più giovane del 2001. In ordine alfabetico, sono Davide Abbatescianni, Martina Barone, Ludovico Cantisani, Elvira Del Guercio, Veronica Orciari e Davide Stanzione (unico “torinese” del gruppo, essendosi trasferito a vivere in città da qualche tempo e già collaboratore dei cinema Agnelli e Baretti). A loro si augura buon lavoro (le iscrizioni si sono aperte proprio ieri), gli obiettivi che il neo-direttore ha posto sono molto complessi.
Base ci tiene anche a evidenziare come «da quest’anno il TFF si impegna a essere anche un festival accessibile». Con l’associazione “+ Cultura Accessibile” si è deciso che tre titoli della retrospettiva dedicata a Marlon Brando saranno resi accessibili non solo alle disabilità motorie (lo sono già tutte le sale utilizzate) ma anche a quelle sensoriali e cognitive. Ottima iniziativa, ma non una novità: anche negli ultimi anni i film accessibili c’erano, pur tra qualche polemica. L’importante sarà piazzarli bene nel calendario.
A oltre otto mesi dal festival chi si aspettava poche informazioni è rimasto deluso: Base ha voglia di raccontare il più possibile, il giusto orgoglio per la carica ricevuta – parole sue – lo «elettrizza».
Se da un lato si cerca una maggiore internazionalizzazione, si punta a far competere gli italiani e gli internazionali insieme («Da regista preferirei non competere in una sorta di ghetto, anche per riuscire poi a vendere meglio nel mondo il mio prodotto») e ad avere (quasi?) solo anteprime mondiali, internazionali ed europee, dall’altro si rischia di perdere il contatto con la città. In che modo? La presenza nei giorni di festival del Torino Film Industry sarà gradita ma «con programmi ben separati», lo spazio di solito garantito ai prodotti locali, dal Torino Film Lab ai giovani registi piemontesi, ci sarà ma solo a certe condizioni: «Terremo lo sguardo attento, ma sarà la qualità dei film ad essere decisiva».
Il Tff42 è ancora lontano, ma il suo profilo inizia a farsi sempre più definito.
Articolo di Carlo Griseri