Nuova puntata di Registe (a Torino): ospite Marilena Moretti.
Raccontami i tuoi inizi con il mondo del documentario.
Dalla fine degli anni ‘70 ho collaborato come giornalista per La Stampa e nella Rai regionale. Dopo la riforma del 1976, le redazioni locali della Rai hanno iniziato ad avere libertà produttiva: è stata una vera rivoluzione federalista, come me tanti altri (Alberto Signetto, Luca Pastore, Mimmo Calopresti e molti ancora!) hanno potuto avvicinarsi al mestiere così, imparando prima e avendo libertà di creazione poi.
All’interno della Rai ho potuto girare già dal 1980 documentari come “Belli di notte”, sulla prostituzione maschile, e “Maschio/Femmina”, sul mondo dei transessuali. Ho lavorato lì come autrice e regista fino al 1988, quando da Fininvest (poi Mediaset) arrivò una chiamata grazie a una mia vecchia conoscenza dai tempi delle tv private piemontesi, Roberto Giovalli, che era diventato direttore dei palinsesti. Lì sono stata 8 anni, a Milano, per poi farne 12 a Roma per la trasmissione Forum: avevo rifiutato, subito, ma bisogna pur mangiare… Appena raggiunta l’età da pensione, però, ho lasciato la tv senza rimpianti e sono tornata a Torino e alle mie passioni.
Nel frattempo, però, sei riuscita a fare diverse altre cose…
Sì, per disintossicarmi e per prendere una boccata d’ossigeno, dovevo!
In Rai sono riuscita a realizzare trasmissioni come “Cinema Scoop” con Alberto Barbera, e anche sceneggiati radiofonici. Ma nel frattempo, quando in estate le televisioni programmavano solo repliche, ho potuto coltivare le mie passioni frequentando i seminari di sceneggiatura di Tonino Guerra, a San Marino, e la scuola di cinema di Ermanno Olmi “Ipotesi Cinema”.
Grazie alla scuola di Olmi, nel 1991, con produzione Rai Uno, ho potuto fare il mio esordio, il cortometraggio di finzione “Ritratto di Leo”, una storia sui ragazzi delle periferie urbane. Avrei voluto continuare in quel campo, ma è stato impossibile: i miei progetti di lungometraggio sono ancora lì, ma anno dopo anno la fiammella si è andata spegnendo. Ormai sono fuori età, lo vedo nelle facce dei produttori romani con cui parlo: ci ho sperato a lungo, ancor più quando nell’ultimo progetto è entrato Guido Chiesa, che aveva trovato un produttore (Gregorio Paonessa di Vivo Film) ma la condizione era che il film lo dirigesse lui. Avevo accettato, pur di farlo, ma poi si è messa in mezzo un’esclusiva che Guido aveva con Colorado, e tutto è saltato di nuovo… Chissà, magari tra vent’anni qualcuno lo troverà e vorrà girarlo!
In questi anni sei riuscita a fare diversi documentari.
Ho sempre e solo girato cose per me necessarie in quel momento, autoproducendomi quasi sempre. Qualche volta ho avuto contributi importanti, come quello di Bianca Film e dell’Archivio del Movimento Operaio e Democratico per “La rivoluzione non è una cosa seria” (visibile qui, NdI), sugli anni ’70, che ha partecipato al Film Festival di Bellaria del 2006 e al Festival dei Popoli di Firenze dell’anno successivo.
Per anni ho lavorato con Peppo Parolini, storico personaggio dell’underground torinese, a un libro sui suoi racconti di vita. Era uno straordinario affabulatore: da 15 lunghe registrazioni di chiacchierate è nato nel 2007 il romanzo “Dal basso dei cieli” (visibile qui, NdI), per Baldini Castoldi Dalai, ma avendolo anche filmato molto nel 2009 ho potuto realizzare il documentario omonimo, omaggio alla Torino underground e a Peppo, presentato a Piemonte Movie e al Roma Fiction Fest.
In quegli anni ho incontrato dopo tanto tempo Alberto Signetto: al festival di Piemonte Movie vidi molti suoi lavori e li trovai geniali. Quando Alberto mi ha raccontato le difficoltà che ha sempre trovato a mettere su le sue produzioni, ho deciso di puntare una luce su di lui e sul suo lavoro. Per anni l’ho accompagnato, filmando le nostre chiacchierate. Grazie al sostegno della Rossofuoco di Davide Ferrario e alla Film Commission Torino Piemonte (oltre ai molti amici che hanno sostenuto il film con il crowdfunding) nel 2014 il documentario “Walking with Red Rhino” era pronto (è visibile su Streeen, NdI). Presentato in anteprima al Torino Film Festival nel 2014, ha poi partecipato a numerosi festival internazionali e nel 2015 ha vinto il Prix Spécial du Documentaire al Festival del Cinema Italiano di Annecy.
E ora? Qualche progetto in cantiere?
Le idee purtroppo non mancano mai! Prendo a prestito le parole di Alberto Signetto, che malediceva ogni nuova idea che gli veniva in mente sapendo quanta fatica gli avrebbe procurato provare a realizzarle… Una fatica improba, che alla mia età non riuscirei ad affrontare: se potessi girare senza preoccuparmi di trovare i soldi, ci penserei. Ma non succederà, temo… Per cui mi dedico all’altro grande amore della mia vita, la scrittura (romanzi e sceneggiature), curando libri e collaborando con case editrici e premi letterari.