Nuova puntata di Registe (a Torino): ospite Alice Filippi.
Come ti sei avvicinata al mondo del cinema?
Sono sempre stata un’appassionata di teatro, ho iniziato facendo una scuola di recitazione nel mio paese, Mondovì. Vedevo anche molti film, ma il mio interesse è nato quando ho capito che il cinema è molto più di quello che si vede sullo schermo, è un lavoro di squadra bello e interessante, che si conosce troppo poco.
Anni fa ho avuto modo di conoscere Carlo Verdone a un festival in cui lavoravo, abbiamo chiacchierato molto e da lì è nata la mia voglia di provarci sul serio. Mi sono proposta per una collaborazione volontaria su un suo set, volevo capire se poteva essere la mia strada: è stato amore fin da subito (il film era “Il mio miglior nemico”, uscito nel 2006).
Certo, ho avuto un inizio fortunato, su un set strutturato con persone speciali, in cui ho imparato moltissimo. Ma il “dietro le quinte” mi è piaciuto davvero tanto, i miei colleghi di quel set mi hanno richiamato e così via, sono tornata a lavorare con Carlo (per “Grande Grosso e Verdone”, “Posti in piedi in Paradiso”, “Cenerentola – una favola in diretta” e “Sotto una buona Stella”) e non solo (Alice Filippi ha lavorato anche sui set di Montaldo, Martone, Veronesi, Marengo, Infascelli, Eastwood, Mendes e molti altri, NdI).
Dal set sei poi passata agli studi di cinema.
Con Verdone e gli altri registi ho capito tutte le diverse sfaccettature del set, le sue componenti, sono state esperienze che mi hanno insegnato tutto. A un certo punto mi sono chiesta se potessi dare di più… E ho deciso di iscrivermi alla New York Film Academy durante una pausa lavorativa, una scelta che mi ha messo alla prova, con le mie idee e con quanto fino a quel momento avevo imparato.
Subito dopo hai esordito alla regia con il documentario “’78 – Vai piano ma vinci”.
In quel periodo mio papà mi aveva da poco raccontato la storia del suo rapimento. Lui voleva farne un libro, ma io gli ho detto che potevo aiutarlo solo se fosse stato un film… Avevo la mia storia. Subito l’idea era di farne un vero film, ma esordire è difficile, non è un percorso automatico passare da aiuto-regista a regista!
Ho avuto la fortuna di incontrare una produttrice, Roberta Trovato, e insieme lo abbiamo fatto diventare un documentario, trovando fondi al Mibact e alla Film Commission Torino Piemonte con cui abbiamo messo in piedi il tutto.
“’78 – Vai piano ma vinci” per me è stato una grande prova, grazie all’esordio al Torino Film Festival e poi la nomination in cinquina ai David di Donatello ha ottenuto anche una grande visibilità, una cosa non banale per i documentari.
Sei al lavoro sul tuo esordio nel cinema di finzione, “Sul più bello”.
Il mio primo lavoro era un documentario con inserti di fiction: la cosa mi è stata molto utile, perché così ho fatto vedere a tutti che posso anche dirigere degli attori! Non avevo un mio portfolio, così invece ho avuto qualcosa da mostrare per essere credibile.
Qualche mese fa Eagle Pictures cercava un regista per un film, ho fatto un’audizione e mi hanno scelto. Il film si intitola “Sul più bello” e a inizio marzo avevamo cominciato le riprese a Torino, ma dopo solo 2 giorni la pandemia ci ha costretto a interrompere tutto. Adesso però ci stiamo organizzando per ripartire: aspettiamo un protocollo chiaro in materia, e saremo pronti. Erano previste 5 settimane di riprese da fare tutte a Torino.
È stato un anno complicatissimo per me: a febbraio mio marito ha avuto un gravissimo incidente sugli sci, abbiamo tre figli piccoli e ho dovuto affrontare prima il suo coma (e poi la pandemia) con grandi preoccupazioni, a cui si aggiungeva la tensione dell’opera prima. Ora per fortuna lui ne è uscito e sono molto più tranquilla: potrò forse affrontare il film meglio di come avrei fatto se non fosse arrivato il Covid-19… In queste settimane non siamo stati fermi, abbiamo già fatto i titoli di testa, il teaser e abbiamo molto lavorato sulla musica: posso dire di non essere mai stata ferma. E non vedo l’ora di ripartire con le riprese.