“Come raccontare la pedofilia al cinema?”

Isabella Sandri ha accompagnato al cinema Massimo la prima del suo “Un confine incerto” (leggi qui la recensione), insieme al co-sceneggiatore e produttore Giuseppe M. Gaudino e al protagonista Moisé Curia (qui potete leggere l’intervista all’attore).

Non immaginavamo lontanamente che il fenomeno della pedofilia fosse così diffuso, lo abbiamo scoperto documentandoci“, ha detto la regista nell’incontro post-proiezione. “Abbiamo letto tantissimi testi al riguardo, su questo rapporto di potere malsano del grande sul piccolo, e questa cosa ci ha creato un grande malessere, avvicinarsi a questo baratro inenarrabile ci ha scosso: come raccontare una cosa del genere?“.

L’aria che respirano i poliziotti impegnati in questo lavoro è davvero malsano, hanno davvero sempre bisogno di supporto psicologico. La mia curiosità per il tema è nata proprio quando ho scoperto che c’erano agenti che passavano le loro giornate costretti a guardare le immagini realizzate dai pedofili, le cose più inguardabili al mondo. Parallelamente però la scelta di regia è stata quella di coinvolgere lo spettatore, facendo guardare spesso gli attori a filo macchina (Cosmina Stratan non voleva farlo, ho avuto quasi un ammutinamento durante le riprese!). Ma dovevano farlo, il terzo incomodo – lo spettatore – doveva esserci“.

Abbiamo scoperto che i pedofili sono spesso molto giovani, intorno ai 20 anni. Inizialmente non volevo Moisé Curia come protagonista perché mi sembrava troppo giovane, ho scoperto che non è vero e così abbiamo cambiato la sceneggiatura: tra l’altro lo ringrazio per aver avuto il coraggio di accettare questa parte, altri prima di lui avevano rifiutato per paura di rovinare la loro immagine“.