Gabriele Mainetti: “L’incontro con il pubblico è meraviglioso”

Questa sera Gabriele Mainetti, insieme a Claudio Santamaria, incontrerà il pubblico degli spettacoli delle ore 21 del suo “Freaks Out“: a inizio proiezione al Reposi, alla fine al Massimo. Lo abbiamo intervistato.

—> DOVE VEDERE FREAKS OUT A TORINO

Come stanno andando questi incontri con il pubblico in giro per l’Italia?

«L’incontro è meraviglioso, soprattutto dopo aver visto il film, la risposta è sempre buona, le persone sono curiose. Però è anche un film potente, che va digerito, è frastornante, ti sorprende, devi gestire le emozioni. Sono diventato super social in questo periodo, scrivo un diario intimo del percorso cinematografico ma la cosa che mi dà più gioie è intercettare le storie e i tweet di chi è appena uscito dal cinema e vuole condividere la sua felicità: quando ti capita di leggere duemila post così, non puoi che essere contento, è indicativo che siano loro a farlo, c’è un sentimento buonissimo intorno a questo film».

Quali sono le reazioni più comuni?

«E’ bello in questi giorni incontrare a caldo il pubblico, specie nei cinema di quartiere, la gente ti vuole vedere parlare abbracciare, ho detto alla produzione di rimbalzarmi ovunque per l’Italia, voglio incontrare il pubblico! La prima cosa che tutti dicono è la sorpresa per un film italiano che non impallidisce di fronte al cinema USA, restano sconcertati dagli effetti speciali, dall’azione messa in scena, non ci credono che ci siamo riusciti… Poi il tema della diversità colpisce, la figura femminile al centro del racconto: resta un film di puro intrattenimento visivo (il mio maestro è Spielberg!) ma c’è anche il tema della diversità che muove la storia. Tutti, tutti i personaggi sono “diversi”».

“Freaks out” è difficile da definire, è un film che è tanti film. 

«E’ stato un processo complicato quello di mettere tutto insieme, sicuramente. Ma se hai chiari i tuoi personaggi, tutto funziona al meglio: un personaggio al cinema non si racconta con le parole, ma ad esempio con la sua fuga – o meno – di fronte al conflitto. L’amore che sento arrivare per “Freaks Out” nasce anche dal fatto che per una volta l’italiano non è solo codardo o egoista: vero, siamo un po’ così, ma siamo anche altro. E’ importante che nell’arco narrativo scivoli nell’epica e non la rifiuti: anche in Jeeg era così, all’inizio non gliene fregava nulla degli altri, perché era tra gli ultimi. Al termine del suo percorso non è più così, e qui avviene uguale».

Stasera con te ci sarà anche Claudio Santamaria, che legame è il vostro?

«Un legame fraterno, ci conosciamo da 26 anni: proprio l’altra sera ragionavamo sul fatto che sono oltre 10 anni che diciamo ‘Ci conosciamo da 15 anni’! Ogni volta mi incanto a guardarlo, anche a cena, lui ha un talento anche nella vita, riesce a reinventare i personaggi con un’immediatezza che non ho mai visto in nessuno. Siamo amici, siamo stati vicini anche in momenti difficili: da sempre c’è una mia stima potentissima per lui, ora anche anche lui mi stima come regista. Siamo pari! Ci capiamo al volo, è un attore sofisticato, forse per chi è pigro può essere complicato, ha bisogno di attenzione, di essere diretto. Insieme diamo il massimo. In Jeeg Robot gli avevo chiesto di ingrassare, qui l’ho ricoperto di peli: lui è straordinario nell’uso del corpo, nei movimenti… è riuscito a trascendere i peli!».

(Articolo di Carlo Griseri)