Una sala affollata, un pubblico attento, un film sorprendente: Leyla Bouzid ha presentato al cinema Centrale il suo “Una storia d’amore e di desiderio” (a Torino è anche al cinema Due Giardini), un lavoro delicato e prezioso che affronta l’iniziazione amorosa e sessuale di un giovane francese con genitori algerini, attratto (quasi inconsapevolmente) da una compagna di università tunisina. Lui ama e studia la poesia araba più elevata (e casta), lei legge con passione gli autori arabi più carnali (e dimenticati): dal loro incontro, dai loro tentativi di trovare una “terza via” su cui incamminarsi insieme, nascono forse nuove possibilità.
«Il film è partito da una prima idea che era proprio quella di raccontare la prima esperienza amorosa e sessuale di un giovane uomo. Mi sono resa conto che mentre per le donne spesso capita, per gli uomini non accade praticamente mai, né al cinema né nella letteratura, ancor più quando si tratta come in questo caso di un ragazzo timido, che non sa bene come relazionarsi con i suoi desideri. Mi interessava affrontare questo aspetto, questa sorta di anti-mascolinità che esiste nella realtà anche se non viene rappresentata», ha spiegato la regista a fine proiezione.
«Algerini e tunisini sono due comunità arabe che si incrociano molto raramente. Trovavo molto interessante raccontare come possa nascere una storia d’amore anche tra due giovani provenienti da due punti così distanti tra loro. Nella storia di Layla e Majnun lui rifiuta la donna che si propone per non rifiutare la poesia, è stata una forte ispirazione e in un certo senso vendichiamo quella scelta: volevo mettere insieme questa tradizione araba letteraria con quella che racconta l’erotismo e l’amore carnale, come quella de le Mille e una Notte. Abbiamo voluto donare una piccola innovazione, una terza via possibile tra le due».
«La reazione in Francia è stata ottima, da critica e pubblico. Le persone giovani ne hanno parlato molto, anche in Tunisia (e in Marocco, in Arabia Saudita, a Dubai…) è stato molto visto con 15.000 biglietti venduti, un numero enorme per il mio Paese, e ha generato grandi e vivaci discorsi molto interessanti sulla sessualità maschile».
«Ho fatto riferimento alla letteratura araba per far capire che c’è una tradizione antichissima, la censura è una cosa molto più recente. Non so se sono del tutto araba, sono anche un po’ francese, ma questo film è stato percepito come tunisino, con la sensualità tunisina, e anche per questo sta avendo successo: ammetto che un po’ mi ha sorpreso. La riscoperta dell’arabo da parte di Ahmed, che è francese in tutto e per tutto anche se i suoi genitori sono algerini, è anche per lui la rivelazione della bellezza e della profondità di quella lingua, un momento fondamentale per lui».