Due proiezioni, martedì 17 e mercoledì 18 all’Ambrosio Cinecafé per “The Rescue – In trappola negli abissi“, il docu-film di E. Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin che racconta l’incredibile storia del disperato tentativo di salvataggio di dodici ragazzi e del loro allenatore di calcio dalle profondità della grotta thailandese di Tham Luang. Inserito nella shortlist degli Oscar, candidato ai BAFTA e vincitore del Toronto International Film Festival 2021 e del National Board of Review, USA 2021 come Miglior Documentario, il docu-film è distribuito da Wanted Cinema in partnership con Y-40 di Padova.
Il 23 giugno 2018, dodici ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 17 anni e il loro allenatore di 25 anni rimangono intrappolati a decine di metri di profondità all’interno della grotta di Tham Luang, parzialmente allagata dalle forti piogge monsoniche. Vengono dati per dispersi quasi subito ma i tentativi di localizzazione sono ostacolati dal continuo innalzarsi del livello dell’acqua. Le operazioni di salvataggio diventano un intervento di massa, con il coinvolgimento di una copertura mediatica globale e dell’interesse pubblico. Nove giorni dopo i sommozzatori localizzano finalmente i ragazzi e, con molte difficoltà, cercano di portarli tutti in salvo.
I registi e produttori vincitori del premio Oscar con Free Solo, E. Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin, con interviste esclusive e una grande ricchezza di materiale inedito, ripercorrono passo dopo passo gli sforzi dei Navy SEAL thailandesi e delle US Special Forces, facendo luce sul mondo ad alto rischio delle immersioni in grotta e mettendo in risalto l’umanità condivisa della comunità internazionale che si è unita per salvare i ragazzi.
«I nostri film cercano sempre di esaminare questioni che trascendono il loro argomento. “The Rescue” – spiegano i due registi – parla di un salvataggio impossibile, ma in realtà parla di responsabilità morale. Quando abbiamo le capacità per salvare qualcuno, ci assumiamo l’onere di farlo anche se mettiamo a rischio noi stessi? È una storia sull’umanità comune che ci unisce.
Creare questo docu-film è stato molto impegnativo, tutto è buio nella grotta, sei sott’acqua, immerso nel fango, non si possono girare riprese e le fonti d’archivio sono sparse in tutto il mondo. E di mezzo naturalmente c’era anche la pandemia. Abbiamo fatto le interviste via Zoom e ci siamo concentrati sulla costruzione di un rapporto di fiducia a distanza. Avevamo a che fare con culture diverse, lingue diverse, fusi orari diversi e c’erano numerosi vincoli, ma la storia era davvero commovente. I bambini, i subacquei, i Navy SEAL tailandesi, le forze speciali americane e un’intera comunità ci hanno mostrato cosa significa avere un grande coraggio».