Asghar Farhadi: “Adoro il cinema italiano”

Asghar Farhadi è a Torino ospite del Museo del cinema per una masterclass e per introdurre in sala al cinema Massimo il suo film “Un eroe”. Lo abbiamo intervistato.

Con che emozione arriva a Torino per questo incontro? Conosce la città e il Museo?

Per me è sempre emozionante venire in Italia per la passione che ho per il cinema italiano. Durante la pandemia sono rimasto bloccato a casa come tutti ed è stata l’occasione per ripassare tutto il meglio del cinema italiano, anche i film che non avevo ancora visto. Tra questi ho visto “I Compagni” di Mario Monicelli, che so essere stato girato a Torino e vorrei tanto vedere dove: è stato il primo pensiero quando ho ricevuto questo invito, poter finalmente visitare quelle location! Anche vedere il Museo del cinema mi attira moltissimo, lo farò subito prima della masterclass e sono molto curioso. Sarà quindi una permanenza breve, la mia a Torino, ma molto intensa.

Quali sono i capolavori del cinema italiano che l’hanno ispirata? 

Sono moltissimi i film che ho visto del cinema italiano, in periodi diversi: in gioventù come tanti ho conosciuto De Sica e Fellini, i loro film mi hanno aiutato a trovare la mia strada, il mio gusto e la mia visione del cinema. “La strada” di Fellini per me è un capolavoro, una delle cose più belle che ho visto nella mia vita.
Poi negli anni a seguire ho conosciuto gli altri, Visconti e Scola, Monicelli e Rossellini, ma anche i registi di questa generazione come Sorrentino e Garrone. Quello che mi piace del cinema italiano è che tratta le persone comuni nella loro vita quotidiana, ancora adesso attingo dai vostri film, continuerò a farlo!

Il valore politico di questo premio è evidente: cosa pensa della situazione in Iran oggi? Cosa pensa succederà?

E’ un grande evento che è accaduto in Iran, un movimento che ha scosso tutti gli aspetti della vita iraniana. Anche se ha avuto un prezzo molto alto, molto doloroso, alcuni sono morti e altri sono in carcere, ho molte speranze sul risultato di tutto ciò. Ci vorrà probabilmente del tempo, ma indietro non si torna.
Ora è possibile vedere un’immagine del popolo iraniano che esisteva anche prima ma non si poteva vedere, era sempre “coperto”, una generazione giovane che a differenza dei loro padri che si erano piegati a questo sistema, lo stanno rompendo: se mi chiedere come andrà a finire, sono molto positivo. Ma in quanto tempo, non lo so.

Ogni suo film è stato importante per il cinema mondiale: dove la porta il suo percorso ora? Su cosa sta lavorando?

Sto sempre perseguendo il mio percorso, ma più maturo ho impressione di andare sempre più in profondità. Scrivo di continuo, da un anno sto lavorando a una sceneggiatura per cui probabilmente mi serviranno ancora sei mesi: gli eventi in Iran ovviamente influiscono su di me, probabile che si sentirà nelle mie prossime storie. Finita la sceneggiatura, deciderò se entrare in produzione o meno.

Intervista di Carlo Griseri