Antonio Sanchez: “Come sono finito a lavorare a Birdman”

Antonio Sanchez al Massimo

Grande momento del programma del Torino Jazz Festival con l’esibizione, in anteprima europea, del batterista Antonio Sanchez al cinema Massimo per musicare dal vivo il film “Birdman” di Alejandro Gonzalez Inarritu, di cui ha curato la colonna sonora.

Prima dell’inizio dell’esibizione, Sanchez ha voluto raccontare al pubblico come ha conosciuto Inàrritu.

“Volevo raccontarvi come sono arrivato a questo film”, ha spiegato. “Da ragazzo, negli anni ’80, ascoltavo sempre in radio un bravo deejay, si chiamava Alejandro Gonzalez Inàrritu. Secondo me era quello che metteva la musica migliore di tutta Città del Messico! Ricordo una sera in particolare, in cui un brano da lui selezionato mi aveva affascinato. Volevo stare molto attento alla fine per prendere nota di chi fosse a suonare, e lui spiegò che era “Last train home” del Pat Metheny Group“.


“Passano gli anni, e arrivo a suonare nel Pat Metheny Group! Una sera, dopo un concerto, era previsto un party, ma io ero molto sudato e volevo solo andare a cambiare in camerino. Mentre stavo andando, mi sento fermare da un tizio che inizia a parlarmi, mi dice che anche lui è messicano, che abbiamo suonato benissimo e che adora il gruppo da sempre… Io volevo solo andarmene per cambiarmi, ma questo tizio è simpatico, e così mi fermo a parlare con lui. Gli chiedo cosa faccia nella vita, mi risponde che fa film e pubblicità. Mi incuriosisco e gli chiedo se avrei potuto aver visto qualcosa di suo… ‘Amores Perros‘ e ‘21 Grammi‘, mi dice!”.

“Diventiamo amici, e anni dopo, un giorno mentre guido mi arriva una chiamata sul cellulare, vedo il suo nome sul display. Ero con mia moglie. Mi stupisco perché di solito lui mi mandava delle e-mail. Gli rispondo, e mi dice che ha scritto una dark comedy e ha pensato ad una colonna sonora solo di batteria. Mi chiede se mi interessa: ci penso un secondo e gli dico: ‘Certo!’. Alejandro mi manda la sceneggiatura, e io tutto il tempo penso che mi aveva preannunciato una dark comedy… non ho riso neanche una volta leggendola! Poi gliel’ho anche detto, e lui mi ha spiegato che non si trattava di un grande script…”.

“Come abbiamo lavorato per registrarla? Un giorno ci siamo visti in studio, lui mi raccontava le scene a voce e mi chiedeva di improvvisare. Gli chiesi di sedersi di fronte a me, e ogni volta che nella scena succedeva qualcosa che cambiava la storia doveva alzare un braccio (ad esempio se Michael Keaton apriva una porta, o girava l’angolo di una strada). Lui alzava il braccio, io cambiavo la mia improvvisazione. Erano tutte scene molto lunghe, il film è composto da lunghi piani sequenza: abbiamo registrato tutta la colonna sonora in quel modo, e con quel demo lui è poi andato sul set, gli attori hanno girato ascoltandolo. A fine riprese siamo tornati in studio, sulla base di quel demo e delle riprese ho fatto una seconda sessione: la colonna sonora è un mix delle due registrazioni. In tutto ho lavorato 2 giorni, per il film intero ce ne sono voluti in tutto 28”.